TESTAMENTO SENZA INDICAZIONI CATASTALI - Cass. civ. Sez. II Ord., 06-04-2023, n. 9472

TESTAMENTO SENZA INDICAZIONI CATASTALI - Cass. civ. Sez. II Ord., 06-04-2023, n. 9472

Il testamento - olografo o pubblico che sia - non deve necessariamente contenere, a pena di nullità, le indicazioni catastali e di configurazione degli immobili cui si riferisce, essendo invece sufficiente, per la validità dell'atto, che tali beni siano comunque identificabili senza possibilità di confusione,salva la necessita, la quale peraltro non attiene ad un requisito di regolarità e validità del testamento, che gli eredi, in sede di denuncia di successione e di trascrizione del testamento medesimo, provvedano essi ad indicare specificamente gli immobili predetti, menzionandone dati catastali, confinazioni ecc..

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni - Presidente -

Dott. MOCCI Mauro - Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

Dott. TEDESCO Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. CRISCUOLO Mauro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 31499/2021 R.G. proposto da:

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 28, presso lo studio dell'avv. PATRIZIA SAGGESE, rappresentata e difesa dall'avv. LUIGIA BRUNETTI;

- ricorrente -

B.B., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE DI VILLA GRAZIOLI 15, presso lo studio dell'avv. GUIDO MACCARONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti ANTONIO MALAGNINO, e GIUSEPPE ALTAVILLA;

- controricorrente -

C.C., D.D., E.E., F.F., A.A., G.G.;

- intimati -

avverso SENTENZA della Corte d'appello di LECCE, SEZ. DIST. TARANTO n. 294/2021 depositata il 03/09/2021;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27/01/2023 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

Svolgimento del processo

La Corte d'appello di Lecce è stata investita della questione riguardante la validità del testamento olografo di H.H., caratterizzato dalla presenza della data e della sottoscrizione, non dopo l'ultima disposizione, ma prima di essa. Si discuteva in particolare della validità delle disposizioni precedenti la firma, una in favore dell'attuale ricorrente e l'altra in favore di altra persona, validità negata dal primo giudice, con sentenza confermata in grado d'appello. La Corte d'appello ha condiviso pure l'ulteriore valutazione del tribunale, nella parte in cui questo aveva riconosciuto l'incapacità naturale del testatore. La causa era stata promossa dal fratello del de cuius, deceduto senza lasciare discendenti, e da nipoti nei confronti di altri nipoti, alcuni dei quali contemplati nel testamento impugnato.

Per la cassazione della decisione A.A. ha proposto ricorso affidato a due motivi.

B.B., nipote del de cuius e beneficiario di disposizione contenuta in un testamento anteriore non impugnato, ha resistito con controricorso.

C.C., D.D., E.E., F.F., A.A., G.G. restano intimati.

Le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell'art. 602 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: la sentenza è oggetto di censura nella parte in cui la Corte d'appello ha dichiarato l'invalidità dell'intero testamento; si sostiene che la disposizione in favore dell'attuale ricorrente, seguita dalla sottoscrizione, aveva tutti i requisiti di validità dell'olografo. Con il secondo motivo la ricorrente, sempre in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censura la decisione nella parte in cui è stata riconosciuta l'incapacità naturale del testatore: si sostiene che la Corte è stata ispirata da una nozione non esatta della incapacità suscettibile di invalidare il testamento ai sensi dell'art. 591 c.c., che è integrata da una situazione di incapacità assoluta, non ravvisabile nel caso in esame in considerazione della stessa descrizione che si legge nella sentenza: "il non completo dominio delle facoltà mentali" e una "non adeguata capacità di autodeterminarsi".

Il primo motivo è inammissibile. La sottoscrizione, accanto all'autografia e alla data, è l'ulteriore requisito formale del testamento olografo, necessario ai fini della sua validità. Essa consiste nella apposizione della firma, da parte del testatore, in calce alle disposizioni testamentarie. Si è più volte messo in luce che la sottoscrizione ha una funzione perfezionativa, in quanto il sottoscrivere un atto è un indice della definitività della dichiarazione (Cass. n. 18616/2017). Nella generalità dei casi la sottoscrizione viene apposta alla fine delle disposizioni mortis causa, come dispone l'art. 602 c.c. (Cass. n. 25275/2007; n. 16186/2003). Secondo l'opinione prevalente, se la sottoscrizione si trovasse in mezzo alle disposizioni, potrà ritenersi valida quella parte del testamento che la precede, purchè possa ritenersi, secondo le circostanze, che essa chiudeva il testamento, altrimenti tutto il testamento sarà nullo. In tal senso si è espressa anche la Suprema corte, secondo la quale è compito del giudice di merito accertare se il testamento sia da considerare esistente e valido nelle parti sottoscritte, o, invece nullo o inesistente. Utili elementi di giudizio possono essere desunti, oltre che dalla considerazione dei dati estrinseci della scheda, anche e soprattutto dal contenuto intrinseco delle disposizioni, di cui dovrà valutarsi la congruità, completezza ed organicità (Cass. n. 1236/1966).

La Corte d'appello ha avuto ben presente tali principi, richiamati all'inizio della propria analisi e in applicazioni di essi ha ritenuto, sulla base dell'esame della scheda, che non vi fosse certezza circa l'autonomia delle prime disposizioni rispetto alle altre.

A tale valutazione la ricorrente obietta che le disposizioni erano invece autonome; ella insiste sul fatto che le varie disposizioni non potessero ritenersi coeve, come risultava in particolare dal peggioramento della qualità della scrittura. Si insiste poi sulla irrilevanza della inesatta descrizione dei beni oggetto dei lasciti. In questi termini, però, è inevitabile concludere che la ricorrente non denuncia una violazione di legge, ma il giudizio sul difetto di autonomia delle varie disposizioni, che costituisce oggetto di apprezzamento rimesso al giudice di merito, esente dal sindacato di legittimità, qualora, come nel caso in esame, sia esente da errori di diritto o di logica (Cass. n. 1236/1966 cit.).

La ricorrente richiama la regola secondo cui il testamento - olografo o pubblico che sia - non deve necessariamente contenere, a pena di nullità, le indicazioni catastali e di configurazione degli immobili cui si riferisce, essendo invece sufficiente, per la validità dell'atto, che tali beni siano comunque identificabili senza possibilità di confusione (Cass. n. 1649/2917). La regola è certamente esatta, ma anche qui si deve rilevare la Corte d'appello non è stata affatto guidata nell'analisi da una regola diversa. Invero la sentenza impugnata, quando sottolinea l'imprecisa descrizione dei beni, allude al fatto che le disposizioni potrebbero avere persino il medesimo oggetto. Insomma, la Corte di merito, anche con questa considerazione, esprime pur sempre un apprezzamento di merito, fondato sull'esistenza di un contrasto fra disposizioni sottoscritte e non sottoscritte, che di per sè non incorre in alcun vizio logico o giuridico, essendo pertanto anch'esso incensurabile in questa sede.

E' inammissibile il secondo motivo, che attiene a una ratio aggiuntiva della decisione, già di per sè giustificata dalla riconosciuta invalidità della scheda sotto il profilo sopra indicato. L'accoglimento della censura non potrebbe quindi portare alla cassazione della decisione.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della "sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto".

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, oltre alle spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, e del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 1, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Suprema Corte di Cassazione, il 27 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2023

 


Avv. Francesco Botta

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